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Terapie

Nel trattamento del Lupus vengono usati numerosi farmaci, anche in combinazione tra loro, la cui scelta dipende caso per caso dal quadro clinico del paziente.

Le informazioni che qui trovate rappresentano una “piccola guida” per essere più consapevoli e prepararvi al colloquio con il medico curante, l’unico che possa prescrivere i farmaci appropriati per curare la vostra malattia, prevenire eventuali riattivazioni ed evitare o minimizzare il danno d’organo e le sue complicazioni. È indispensabile seguire le indicazioni del medico e prendere i farmaci prescritti, perché solo così è possibile controllare la malattia.

Le informazioni presenti nel sito servono a integrare e non a sostituire, le indicazioni ricevute dal medico Curante.

Farmaci tradizionali

- Farmaci anti-infiammatori di prima generazione (anti-COX1) e anti-COX2

- Farmaci antimalarici

- Cortisonici

Farmaci anti-infiammatori di prima generazione (anti-COX1) e anti-COX2:

si tratta di farmaci che riducono la produzione di mediatori dell’infiammazione. Sono utili per contenere la sintomatologia dolorosa articolare correlata alla malattia. Gli anti-infiammatori tradizionali sono gastro-tossici, vanno assunti a stomaco pieno e per brevi periodi di tempo. Molti di questi farmaci sono potenzialmente nefrotossici e hanno un effetto negativo sull’attività piastrinica e sulla coagulazione del sangue in caso di traumi. Devono quindi essere assunti con prudenza dai soggetti con tendenza alle emorragie e sono in genere sconsigliati per chi già assume terapia con coumadinici e altri anticoagulanti. Gli anti-infiammatori inibitori del COX2 non sono gastrotossici e non interferiscono sulla funzione delle piastrine, ma sono stati descritti problemi cardiologici correlati alla loro somministrazione e pertanto vanno assunti per brevi periodi di tempo.

Farmaci antimalarici:

il più noto è l’idrossiclorochina (Plaquenil). Si tratta di un farmaco che viene utilizzato per la sua efficacia nelle manifestazioni cutanee del lupus e anche nella sintomatologia artralgica modesta. Il farmaco consente di stabilizzare la malattia e ha un ottimo effetto immunomodulante, anche in associazione con altri farmaci immunosoppressori. Quando somministrato per lungo tempo ha un effetto terapeutico sull’astenia e un modesto effetto protettivo vascolare (scoagulante). Il farmaco è un risparmiatore di cortisone. Può essere utilizzato in corso di gravidanza e durante l’allattamento. Può provocare una deposizione di pigmento sul fondo della fovea retinica. Tale fenomeno si verifica raramente: nei primi anni di terapia nel 2 per mille circa dei soggetti e, successivamente, in circa il 2%. Può quindi essere considerato un effetto collaterale raro, ma impone comunque una sorveglianza oftalmologica. Raramente può provocare reazioni di ipersensibilità cutanea con eritema e prurito particolarmente al tronco.

Cortisonici:

il cortisone è il primo farmaco che ha positivamente modificato l’andamento clinico della malattia. È stato sintetizzato e commercializzato nel 1949. È rapidamente efficace nelle varie espressioni cliniche della malattia e la risposta al trattamento è più rapida che con altri farmaci, soprattutto se somministrato a boli endovena. Sul lungo periodo è consigliabile ridurne – sempre in modo graduale – il dosaggio al minimo indispensabile, anche tramite l’associazione di altri medicamenti. A dosi elevate e prolungate ha numerosi effetti collaterali: aumenta il rischio di infezioni, produce alterazioni della glicemia, dei lipidi, del peso corporeo e favorisce la sindrome metabolica, può produrre ipertensione, problemi neurologici (eccitamento, irritabilità, confusione, psicosi), tossicità ossea (osteopenia, osteoporosi, necrosi asettica ossea), tossicità gastroenterica, oculare (cataratta ipertensione oculare), cutanea.

Farmaci immunosoppressori

Sono farmaci largamente utilizzati nelle forme più severe di malattia. Appartengono a questa categoria i seguenti farmaci:

- Azatioprina:

- Ciclofosfamide (Endoxan):

- Methotrexate:

- Ciclosporina:

- Micofenolato:

Azatioprina:

il primo immunosoppressore orale utilizzato nella malattia, è generalmente efficace dopo diverse settimane di trattamento e pertanto l’effetto terapeutico è lento, ma tende a perdurare nel tempo con una somministrazione continuativa. È utilizzato con beneficio in associazione al cortisone nelle varie espressioni cliniche della malattia. È utilizzato nel mantenimento della remissione della nefrite lupica dopo terapie di attacco con altri farmaci, nel lupus cutaneo e articolare, nelle sierositi (pleuriti e pericarditi) e nelle manifestazioni ematologiche (piastrinopenia e anemia emolitica). Da anni il suo uso è consentito in gravidanza, ma recentemente è stato autorizzato anche durante l’allattamento. Può dare tossicità gastrica, leucopenia (riduzione del numero dei globuli bianchi), anemia e rialzo degli enzimi epatici.

Ciclofosfamide (Endoxan):

un potente immunosoppressore che viene utilizzato in prevalenza per i pazienti affetti da nefrite lupica proteino-disperdente o in caso di problematiche neurologiche gravi della malattia. In ragione della sua tossicità, questo farmaco viene utilizzato nelle forme più aggressive di malattia. Ad alte dosi è stato utilizzato per la preparazione dei pazienti all’autotrapianto di midollo osseo. Ha una tossicità sul midollo emopoietico: causa riduzione dei globuli bianchi e delle piastrine e può provocare anemia. A dosi elevate e prolungate ha una tossicità sul sistema riproduttivo e può provocare sterilità. La somministrazione del farmaco avviene oggigiorno solo più per via endovenosa. Altri effetti collaterali sono l’alopecia e la cistite emorragica (per prevenirla si ricorre all’associazione di farmaci protettivi vescicali). E’ assolutamente controindicato in corso di gravidanza e allattamento.

Methotrexate:

ha un effetto anti-infiammatorio e immunosoppressivo. È stato inizialmente utilizzato nell’artrite reumatoide ed è particolarmente efficace nelle forme di LES con artralgie. Viene anche prescritto nelle forme cutanee di malattia non responsive a corticosteroidi e antimalarici. Ha una potenziale tossicità epatica e midollare e quindi necessita di periodici controlli dell’emocromo e delle transaminasi. In grado inferiore può provocare tossicità renale e polmonare. Non può essere utilizzato in corso di gravidanza e allattamento.

Ciclosporina:

è utilizzata per contenere i dolori articolari della malattia e nelle manifestazioni ematologiche (piastrinopenia autoimmune e anemia emolitica). È efficace nelle problematiche oculari infiammatorie di malattia. Le maggiori problematiche correlate alla somministrazione del farmaco comprendono: nefrotossicità con aumento della creatinina e ipertensione. Può provocare anche aumento della peluria sul volto e sugli arti, ipertrofia delle gengive e tremori agli arti superiori.

Micofenolato:

viene utilizzato sia nella fase acuta di malattia sia in caso di riaccensione, la cosiddetta “flare” ma anche in fase di mantenimento dopo un trattamento di attacco con altri farmaci. Il farmaco non può essere assunto in corso di gravidanza poiché nell’animale da esperimento si è dimostrato teratogeno. La tossicità è prevalentemente intestinale e gastrica ed è opportuno utilizzarlo in associazione a gastro protezione (non con i gastroprotettori da contatto poiché ne inibiscono l’assorbimento). Il farmaco può essere prescritto con piano terapeutico dallo specialista e dispensato dalla ASL di appartenenza.

Farmaci biologici

I farmaci biologici sono molecole capaci di intervenire in particolari fasi dei meccanismi patogenetici della malattia, cioè di colpire solo alcune cellule o di interferire con le sostanze che permettono alle cellule di comunicare fra di loro (sostanze chiamate citochine). Sono farmaci potenti e costosi, la cui prescrizione è in genere regolamentata da criteri molto selettivi (inefficacia di altre terapie, alterazione di esami ematochimici…).

Il più noto è l’anticorpo monoclonale Belimumab, entrato in commercio da quasi 15 anni, che va a bloccare la molecola BAFF. Quest’ultima è un fattore di sopravvivenza dei linfociti B, a loro volta responsabili della produzione degli anticorpi e quindi anche degli autoanticorpi prodotti nel LES. Il Belimumab è efficace nel controllare l’attività lupica, in casi non responsivi alla terapia standard. È attualmente disponibile per la somministrazione sottocute, ma richiede un piano terapeutico. È importante ricordare che è il primo farmaco approvato per il LES da 50 anni a questa parte.

Altri biologici vengono usati meno frequentemente, ad esempio il Rituximab (anticorpo monoclonale diretto contro il recettore CD20) e l’Anifrolumab, approvato di recente, che esplica la sua azione contro il recettore di tipo 1 dell’interferone (importante mediatore dell’infiammazione).

Terapie complementari, medicina integrata e alternativa

Che cosa si intende per medicina integrata?

La Medicina Integrata rappresenta lo stretto connubio tra la Medicina Accademica e la Medicina Complementare. Quest’ultima si caratterizza per la presa in carico del paziente nella sua interezza cioè corpo, mente e connessioni con la società di cui è parte integrante.

La Medicina Accademica si è arricchita nell’ultimo secolo delle scoperte scientifiche che hanno consentito di approfondire gli aspetti eziopatogenetici delle malattie, ovvero le cause biologiche, genetiche, ambientali che ne sono la causa. È la medicina che continua ad ampliare l’armamentario terapeutico rendendolo sempre più specifico per aggredire le malattie col proposito di eradicarle. È la medicina che si basa sull’evidenza scientifica e grazie a una collaborazione internazionale consente di produrre risultati terapeutici sempre più importanti.

La Medicina Complementare ha una visione dell’individuo al centro del processo di guarigione, si occupa della sua totalità: fisica, emotiva e psicologica. Punta a ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti terapeutici e sostiene il paziente anche emotivamente, favorendone la partecipazione al processo di cura e il reintegro sociale, e contribuendo a migliorarne la qualità di vita e il benessere.

È senz’altro auspicabile che si instauri una collaborazione fra operatori sanitari che esercitano nell’ambito della Medicina Accademica e i Colleghi che si occupano di Medicina Complementare. In questo ultimo ambito gli strumenti a disposizione sono numerosi e vengono selezionati sulla base delle condizioni fisiche e psicologiche, delle esigenze e desideri della singola persona. Viene quindi disegnato un percorso volto a ottimizzare i risultati ottenuti dai trattamenti classici, a migliorare la qualità di vita del paziente e coinvolgerlo maggiormente nel processo di cura.

Si riporta qui sotto un elenco – non esaustivo – di presidi utilizzati dalla Medicina Complementare:
agopuntura e shiatsu, una dieta equilibrata, il supporto psicologico, la musicoterapia, la magnetoterapia, la meditazione e in genere la pratica del mindfulness (che significa “consapevolezza”) e la fitoterapia.  

Che cosa si intende per medicina alternativa?

a Medicina Alternativa si pone – come dice il termine stesso – in ALTERNATIVA alla Medicina Accademica: viene pertanto richiesto al paziente di abbandonare la Medicina Accademica. Va chiarito che la strada suggerita non si avvale dei risultati di acquisizioni scientifiche condivise dalla comunità internazionale. Si tratta di una medicina spesso priva dei fondamenti scientifici validati da studi internazionali.