Pubblicato su ICARO n. 37
Novembre 2002

a cura di Maria Teresa Tuccio

Durante l'ultima Giornata Nazionale, tenutasi a Milano nel Settembre scorso, una domanda posta da una delle partecipanti al convegno, ha dato luogo a uno scambio di opinioni molto vivace sull'argomento, in cui io non ho potuto fare a meno di intervenire. Mi scuso se ho usato toni troppo accesi, ma, chi mi conosce, sa che difendo sempre con passione le idee e le persone in cui credo.

Il dibattito sulle Terapie non Convenzionali, anche nei nostri incontri, ormai va avanti da anni: i pazienti cercano qualcosa che consenta loro di migliorare la qualità della vita, i medici, che finalmente dispongono di farmaci che, in generale, permettono di assicurare la sopravvivenza del paziente, temono che questo traguardo, faticosamente raggiunto, possa essere messo in discussione da terapie non appropriate date con incompetenza e assunte con leggerezza.

Più volte si è parlato su ICARO di questo argomento: sono state raccontate esperienze positive e negative da parte dei pazienti e sull'argomento sono intervenuti spesso medici e psicologi. Consentitemi di richiamare alcune cose già pubblicate e di raccontare la mia modesta esperienza in proposito.

Su ICARO 29, il Dott. Pasquale Romano, membro del Comitato Direttivo della nostra Associazione, in una pagina dal titolo "A proposito di terapie non convenzionali", riferendosi all'ampia discussione che c'era stata durante l'incontro nazionale medici-pazienti, tenutosi in Novembre 1999 a Genova intitolato "Le terapie nella cura del LES", scriveva: "Noi crediamo che le terapie non convenzionali (agopuntura, omeopatia, fitoterapia, yoga, programmazione neuro linguistica ecc.) possano integrare in modo anche soddisfacente le terapie classiche, evitando alcune volte il sovradosaggio di farmaci o più semplicemente, aiutando ad affrontare con più consapevolezza la malattia."

Sempre su ICARO 29, avevamo pubblicato l'intervento del Dott. Edoardo Rossi, ematologo dell'Ospedale S. Martino di Genova, su "Le terapie di supporto nei pazienti affetti da LES". Nel suo intervento il Dott. Rossi, dopo aver ricordato i notevoli miglioramenti raggiunti in questi anni nella cura del lupus, grazie alla disponibilità dei corticosteroidi e degli immunodepressori, analizza varie terapie di supporto che oggi sono disponibili per ridurre gli effetti collaterali indesiderati: dalle misure dietetiche per ridurre il rischio di danni vascolari (per esempio l'utilizzazione di acidi grassi del gruppo omega-3) ai farmaci per prevenire la problematica dell'osteoporosi. In questo contesto delle terapie di supporto, il Dott. Rossi inserisce anche i presidi della Medicina Tradizionale Cinese (agopuntura, fitoterapia, QI Gong) e la Programmazione Neuro Linguistica, ritenendoli utili per ridurre gli effetti tossici dei farmaci convenzionali e/o potenziarne l'attività per ridurne il dosaggio.

Anche in ICARO 36, si parla di terapie di supporto. La Dott. Michela Francia ha raccolto ed elaborato una grande quantità di dati su pazienti LES per la sua tesi di laurea presso la Facoltà di Psicologia dell'Università di Parma. La Dott. Francia suggerisce che a volte possono essere opportune appropriate psicoterapie di gruppo o terapie cognitivo-comportamentali per aiutare il paziente nella gestione della malattia.

E veniamo alla mia esperienza. Il lupus mi è stato diagnosticato nel 1988. Molto presto mi sono resa conto che le mie condizioni psicologiche spesso interferivano con la malattia e molti libri che ho iniziato a leggere in quegli anni (Luise Hay, Bernie Siegel, Deepak Chopra…) hanno cominciato a farmi riflettere sull'interazione mente-corpo. Tuttavia i primi anni non riuscivo a fare niente. Passavo da periodi in cui non sopportavo il cambiamento del mio corpo provocato dal cortisone, a periodi in cui 'rimuovevo' la malattia e mi comportavo come se non esistesse.

Col passare degli anni le cose sono cambiate. Ho cominciato a prendere consapevolezza del fatto che il lupus è nella mia vita e che se riesco a 'viverci-con' è meglio che 'viverci-contro' o ignorarlo rischiando di esserne completamente travolta, perdendo il controllo della situazione. Accettare di vivere con il lupus, ha significato, di conseguenza, accettare di vivere con il cortisone e/o gli immunosoppressori - sono loro che mi salvano la vita quando il lupus azzanna violentemente - e con gli effetti indesiderati che questi farmaci provocano nel mio corpo. Allora ho cominciato a capire l'importanza di una dieta equilibrata, di integratori opportuni, di cure disintossicanti per depurare l'organismo, perdere peso e combattere la ritenzione idrica che ben conosciamo. Tutto questo non in un improvvisato fai-da-te, né cercando il mago o lo stregone che possa fare il miracolo, ma consultando il mio medico curante e rivolgendomi a medici che, dopo essersi laureati e specializzati nella "nostra medicina", hanno allargato le loro conoscenze studiando anche "l'altra medicina", sempre informandoli della mia situazione e cercando di stabilire, ove possibile, una comunicazione fra loro e il mio medico curante. Anche l'inverno scorso, quando ero tormentata dal mal di schiena, invece di 'imbottirmi' di convenzionali farmaci antidolorifici, mi sono rivolta a un medico che usa l'agopuntura - la cui validità è ormai riconosciuta anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità - e ad un osteopata, uno specialista in grado di individuare e correggere con le mani le eventuali anomalie della colonna vertebrale.
Da sei anni frequento un centro yoga e i risultati si cominciano a vedere. Oltre a fare una ginnastica dolce una o due volte alla settimana, ho imparato tecniche di rilassamento e ad usare la respirazione e la meditazione per essere maggiormente centrata in me stessa, gestire meglio le situazioni di stress, controllare i miei pensieri e mantenere la mente sgombra da quel dialogo interno negativo che a volte ci paralizza in un rimuginare senza fine. Recentemente, sto lavorando in questa direzione anche con la Programmazione Neuro Linguistica - di cui parla il Dott. Rossi su ICARO 29 - per imparare a stimolare il sistema immunitario in modo corretto e "non-malato", ristrutturando le convinzioni limitanti per concentrarmi sulle mie capacità. Ho anche capito che "pensare positivo" è un'attitudine che aiuta a vivere meglio e che si può imparare. Bisogna volerlo e lavorarci sopra. E' un po’ come una lingua straniera: quando si va all'estero, all'inizio si pensa in italiano e prima di parlare è necessario fare mentalmente la traduzione, dopo un po’ si comincia a pensare direttamente nella lingua straniera e allora tutto diventa più facile.
Un'altra "conquista" importante nel mio percorso di ricerca è stata quella di imparare a darmi delle priorità, cercare di affrontare i problemi uno alla volta, con la profonda consapevolezza di vivere qui e adesso, nel bene come nel male. Nel bene, cerco di vivere senza rimandare a domani le cose che per me sono importanti, nel male, ad esempio quando la malattia si fa cattiva, adesso so che il mio star male è "in quel luogo" e "in quel momento", non sarà per l'eternità, devo solo "aver la pazienza di aspettare che passi". E per coltivare la pazienza gli insegnamenti dello yoga sono preziosi.

Per finire, mi piacerebbe segnalare un articolo che abbiamo pubblicato su ICARO 27, Vivere bene con il Lupus, tratto dal sito sul Lupus dell'Università americana di Hamline. L'ho trovato qualche anno fa, l'ho riletto molte volte, é un articolo a cui spesso ho fatto riferimento nel mio percorso di ricerca per vivere meglio: ogni volta che lo rileggo mi dà nuovi spunti o semplicemente mi permette di controllare a che punto sono.

Una cosa ci tengo a sottolineare prima di concludere: in questo mio percorso non mi sono mai sognata di sospendere il cortisone e/o gli immunosoppressori che il medico curante mi prescriveva. Per questo ritengo che non sia opportuno parlare di medicina alternativa, ma che sia molto meglio riferirsi a tutto questo con il termine terapie non convenzionali come terapie di supporto, terapie complementari, terapie integrative della medicina convenzionale.

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