Pubblicato su ICARO n. 43
Novembre  2004

 

Gruppo LES Roma Lazio
Sintesi dell'incontro medici-pazienti di Sabato 17 aprile 2004

 

Lupus Eritematoso Sistemico. Terapia ed educazione

Dott. Fabrizio Conti, Dirigente Medico, Cattedra di Reumatologia, Azienda Policlinico Umberto I, Università degli Studi di Roma "La Sapienza"

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una patologia cronica autoimmune caratterizzata da uno spiccato polimorfismo clinico. Questa forma morbosa può interessare molti organi ed apparati quali la cute, l’apparato muscolo-scheletrico, il sistema emopoietico, le membrane sierose (pleura, pericardio e peritoneo), il sistema nervoso, l’apparato cardiovascolare, i polmoni, il tratto gastrointestinale ed i reni. La patologia interessa preferenzialmente il sesso femminile (rapporto femmine/maschi 9:1), in particolare nel range di età compreso tra i 25 e i 40 anni.

La patogenesi del LES, ovvero le cause che ne determinano la comparsa, resta tutt’oggi poco chiara. Si riconoscono tre principali fattori di rischio: la predisposizione genetica, i fattori ormonali e la presenza di un fattore scatenante non ancora precisamente identificato (ambientale, infettivo, chimico-farmacologico).

La prognosi dei pazienti affetti da LES è particolarmente variabile, ma si è assistito nelle ultime decadi ad un marcato prolungamento della sopravvivenza di questi pazienti rispetto al passato, dovuto presumibilmente alla possibilità di una diagnosi più precoce e a strategie terapeutiche più efficaci in grado di consentire periodi di remissione sempre più lunghi e duraturi.

Scopo della terapia del LES è innanzitutto quello di interrompere l’acuzie di malattia ed indurre la remissione, intesa come assenza di sintomi e segni della malattia. A questo punto la terapia sarà finalizzata al mantenimento della remissione e alla prevenzione delle ricadute. Scopo della terapia è anche quello di prevenire gli effetti avversi dei farmaci quali l’osteoporosi, l’ipertensione arteriosa, l’amenorrea ecc. La strategia terapeutica si basa su alcuni principi quali: la partecipazione attiva del paziente, l’intensità del trattamento misurata in base al grado di attività di malattia e la frequente necessità di associare più farmaci ("no single drug to treat severe SLE without inaccettable side effects").

La terapia del LES si avvale dell’uso combinato di cortisone e farmaci cosiddetti di fondo o risparmiatori di steroidi, alcuni dei quali di recente introduzione. Oggi sappiamo che il cortisone deve essere utilizzato alla dose più bassa possibile in modo da ridurre i suoi effetti collaterali. Al di fuori dei momenti di grave acuzie, il cortisone deve essere somministrato in unica dose giornaliera dopo colazione e appena possibile debbono essere introdotti dei giorni di pausa settimanale fino ad arrivare alla terapia a giorni alterni. Per quanto riguarda gli altri farmaci, gli antimalarici (clorochina e idrossiclorochina) sono quelli utilizzati da più tempo e vengono riservati a casi non gravi di LES soprattutto per controllare manifestazioni cutanee, articolari o sierositi. Per le forme più severe di malattia con coinvolgimento renale o del sistema nervoso centrale, il farmaco più prezioso è indubbiamente la ciclofosfamide. L’azatioprina viene invece utilizzata nelle forme di media gravità o come prosecuzione della terapia dopo l’induzione con la ciclofosfamide. Il methotrexate viene utilizzato in presenza di artrite, sierosite o segni di vasculite. Infine la ciclosporina A risulta utile nelle forme di malattia di media gravità, in corso di piastrinopenia e in certe forme di impegno renale. Infine la plasmaferesi o la terapia con immunoglobuline umane per via endovenosa vengono riservate a casi particolarmente gravi, resistenti alla terapia convenzionale o dove questa risulta controindicata.

Grazie a queste cure la sopravvivenza dei pazienti è nettamente migliorata. Tuttavia questi farmaci possono essere gravati da diversi e potenzialmente gravi effetti collaterali che necessitano una sorveglianza attenta da parte del paziente e del medico. Gli antimalarici sono in genere molto ben tollerati, rara è la tossicità gastrointestinale e ancora più rara quella a carico della retina. Gli effetti collaterali della ciclofosfamide possono manifestarsi come riduzione del numero delle cellule del sangue, amenorrea, tossicità vescicale o alopecia. In corso di terapia con azatioprina e methotrexate andranno controllati almeno ogni mese la funzione epatica e l’emocromo, mentre per quanto riguarda la ciclosporina questa può alterare la funzione renale, aumentare la pressione arteriosa, indurre tremori o gengivopatia (eventi reversibili, se diagnosticati prontamente, con la riduzione della dose o con la sospensione del farmaco).

Numerose sono oggi le nuove molecole in corso di studio per la terapia del LES che derivano direttamente dai grandi progressi compiuti della biologia molecolare nella individuazione dei meccanismi alla base di questa malattia. Si tratta di nuovi farmaci che ad esempio bloccano molecole liberate dalle cellule dell’infiammazione quali le citochine (anti-citochine), ovvero impediscono l’attivazione delle cellule del sistema immune dovuta al loro contatto (blocco delle molecole co-stimolatorie).

Alcuni nuovi farmaci cominciano ad essere utilizzati nella pratica clinica: il micofenolato mofetile ad esempio è un nuovo immunosoppressore che ha dimostrato una buona capacità di mantenere la funzionalità renale dopo la terapia di induzione con la ciclofosfamide. L’anticorpo anti-CD20, diretto contro una molecola (CD20) presente sulla superficie dei linfociti B, può rappresentare una possibilità terapeutica per le forme gravi o resistenti di LES.

Formulare la diagnosi di LES ad un paziente può avere un impatto drammatico sulla vita del paziente stesso e di chi lo circonda. Questo è soprattutto dovuto all’alone di terrore che circonda il termine Lupus, per lo più legato a misconoscenze e "credenze popolari". Pertanto i pazienti, e soprattutto i nuovi diagnosticati, dovrebbe essere istruiti sulla reale entità della malattia, sui grandi progressi ottenuti nel corso degli anni con le nuove strategie terapeutiche e soprattutto sulla possibilità di riconoscere prontamente i primi sintomi di una riacutizzazione della malattia e di gestire a domicilio protocolli terapeutici talvolta complessi. E’ dunque fondamentale che tra il medico ed il paziente si instauri un rapporto fondato su un "linguaggio" comune. Spesso i tempi limitati della visita ambulatoriale non consentono di approfondire in maniera esaustiva tutti questi punti e soprattutto non permettono di rispondere pienamente ai numerosi quesiti posti dal paziente e dai suoi familiari.

Pertanto si impone la necessità di corsi di educazione alla malattia dedicati ai pazienti con LES sull’esempio di esperienze già consolidate per altre patologie croniche quali il diabete mellito. A tale fine la Cattedra di Reumatologia del Policlinico Umberto I, Università "La Sapienza" di Roma, ha condotto negli ultimi anni un’esperienza pilota, organizzando e sperimentando corsi di educazione alla malattia dedicati ai pazienti affetti da LES e ai loro familiari in collaborazione con la sede laziale del Gruppo Italiano per la lotta al LES. Tali incontri hanno riscosso un notevole successo attirando un vasto numero di pazienti e familiari.