Relazione presentata all'INCONTRO MEDICI PAZIENTI
GENOVA 7 Giugno 2003

Pubblicato su ICARO n. 40
Novembre 2003

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO: DAL PASSATO AL FUTURO

Prof. Alberto Marmont

Divisione di Ematologia e Centro per il Trapianto di Cellule Staminali  Ospedale S. Martino – Genova

Può destare qualche sorpresa il fatto che io, che ho dedicato oltre mezzo secolo alla conoscenza ed alla terapia del LES, appartenga in prima istanza alla comunità ematologica. La spiegazione sta nel fatto che la scoperta di quello che ho a lungo chiamato il fenomeno L.E. ossia la dimostrazione laboratoristica della cellula L.E. –prima dimostrazione della natura autoimmune della malattia, come sostenni sulla rivista Schweizerische medizinische Wochenschrift (allora una delle prime del mondo) nel 1952- era una metodica squisitamente ematologica. Da allora il LES è diventato una malattia internistica, poi reumatologia, poi anche di immunologia clinica, ed in definitiva, dato il suo estesissimo spettro di espressività clinica, di tutti coloro che, sedotti dal fascino (anche malefico!) e dalla sfida di questa singolare entità morbosa, se ne vogliono occupare. Ma io in questa breve memoria, che non include tutto ciò che ho brevemente discusso nella presentazione orale, vorrei solo toccare due aspetti, e cioè quanto si sa oggi sull’eziopatogenesi della malattia e su quando si realizzi l’indicazione al trapianto di cellule staminali.

Si sa ormai con certezza che la patologia del LES è un grande concerto autoimmune: anticorpi diretti praticamente contro ogni cellula del nostro organismo, e soprattutto contro il DNA, che io amo definire la molecola della vita. Per fortuna nell’organismo il DNA è protetto dalla cellula vivente, e pertanto irraggiungibile da questi anticorpi, che però qualche volta, ad esempio nei reni, possono assumere valenza patogena. Ma perché si accende e si scatena l’uragano autoimmune? Le cause sono multiple, sia endogene ormonali (si pensi agli estrogeni ed al rapporto 10:1 femmine-maschi in età fertile) che esogene; ma ricordiamoci che, nonostante tante promesse e false scoperte, il "virus del LES" non è mai stato scoperto e verosimilmente non esiste. icaro40_troika.jpg (12387 byte)
Il famoso lupologo messicano Donato Alarcòn-Segovia ha paragonato l’eziopatogenesi del lupus a tre troike sovrapposte, da quella genetica a quella autoaggressiva, ognuna composta da tre cavalli simboleggianti fattori causali (una bella troika russa appare nella figura).

Parliamo ora molto brevemente del trapianto di cellule staminali ematopoietiche (che non sono le staminali embrionali di cui tanto si discute). Come è ben noto, esistono due modalità di trapianto: quello autologo e quello allogenico, ossia da donatore (famigliare oppure non famigliare). Nel primo caso la restituzione delle cellule staminali proprie al paziente ha essenzialmente un effetto di salvataggio dalla depressione ematologica prodotta dall’intenso regime di condizionamento immunosoppressiva. E’ anche possibile che si verifichi un effetto immunomodulante, diretto ad una maggiore tolleranza immunologica. Sta comunque di fatto che i rischi trapiantologici sono assai inferiori (presso la Northwestern University di Chicago su 30 pazienti autotrapiantati non si verificò alcuna fatalità), e che si ottiene praticamente sempre un arresto della malattia anche nei casi più gravi ed aggressivi, come accadde per il primo caso mondiale, una paziente autotrapiantata a Genova nel 1996 e che ora se la cava con 5 mg di prednisone al dì. Quindi non si ottiene una autentica guarigione biologica, ma si recuperano ammalati ormai molto gravemente compromessi.

Che dire del trapianto allogenico? In questo caso si trapianta un sistema immune sano e nuovo: se l’errore di base del LES risiede in un sistema immune predisposto all’autoaggressione, è lecito ipotizzare una guarigione vera. I casi clinici sono rarissimi, ma è pubblicato il caso di una paziente trapiantata dal fratello 15 anni fa, che sta perfettamente bene e non necessita di alcuna cura. La prospettiva del trapianto allogenico si sta facendo sempre più persuasiva da quando si adotta il trapianto cosiddetto nonmieloablativo, ossia effettuato con regime chemioterapici meno pesanti e pertanto meno tossici.

Sempre Alrcòn-Segovia ha paragonato la cura del lupus alla fusione di un iceberg: non siamo ancora al ghiacciolo, ma ci stiamo avvicinando.

Alberto Marmont

 

 

 

Fig. 1. Una troika russa. L’eziopatogenesi del lupus, composta di vari fattori trainanti, è stata paragonata da Alrcòn-Segovia a tre troike sovrapposte,