Relazione presentata all'incontro Medici - Pazienti 
tenutosi a
GENOVA: Sabato 13 Novembre 1999                      pubblicata su ICARO n. 29

 

La "Terapia di Supporto" nei pazienti affetti da LES

Dott. Edoardo Rossi 
Divisione di Ematologia I, Osp. S. Martino, Genova

 

Per introdurre l’argomento "terapia di supporto" ritengo necessario fare una rapida revisione dei risultati clinici ottenuti negli ultimi sessant’anni sulla patologia.

UN’OCCHIATA AL PASSATO

I primi dati statistici, relativi alla sopravvivenza di un congruo numero di pazienti affetti da LES, risalgono al 1939 ad opera di Bywaters e Bawer. Essi riportano, su 55 pazienti, una sopravvivenza a due anni di solo il 47%, un dato particolarmente negativo, ma dobbiamo ricordare che si tratta di dati clinici su una popolazione di pazienti in cui la diagnosi di malattia era fatta esclusivamente sulla base di segni clinici; siamo, infatti, in un’era in cui non erano state scoperte le cellule LE (primo dato laboratoristico espressivo di malattia, scoperto nel 1948 da Hargraves), e il trattamento terapeutico era soltanto supportivo, non era stato ancora introdotto nella terapia il corticosteroide (ironicamente anch’esso disponibile nella terapia nello stesso 1948), né altri immunodepressori chimici. Nel decennio dal 1950 al 1960 l’andamento della malattia è stato sconvolto dalla disponibilità su larga scala dei due sopra citati presidi: diagnostico e terapeutico. In uno studio, condotto su 299 pazienti da Kellum e Haserich e pubblicato nel 1964, la sopravvivenza a due anni era salita all’80% e quella a 10 anni era del 54%. Un costante progresso sulla conoscenza della malattia, attraverso gli studi laboratoristici e le sperimentazioni sugli animali, e la scoperta di nuovi farmaci immunodepressori ha consentito di migliorare sempre più i risultati terapeutici. Una pubblicazione di Wallace del 1990, in cui sono riportati i dati clinici relativi a 464 pazienti, rivela una sopravvivenza del 98% a due anni e del 93% a dieci anni. I dati recentemente riportati dal gruppo di Toronto (Urowitz, 1999) rilevano una sopravvivenza attuale a vent’anni sovrapponibile a quella che lo stesso gruppo osservava, nel 1974, a cinque anni.

Ribadisco che i risultati ottenuti sono il frutto di lunghi studi clinici, laboratoristici e strumentali e che sono maturati dall’esperienza ottenuta grazie a decenni di utilizzo dei farmaci attualmente routinari e basilari nel trattamento della malattia.

UNO SGUARDO NEL FUTURO

La ricerca clinica e biologica sulla malattia è fiorente. Il 4 marzo 1999 a Londra si è tenuto un Congresso intitolato: " Il Lupus Eritematoso Sistemico nel prossimo millennio – guardando nella sfera di cristallo", in cui ricercatori e clinici di fama internazionale si sono riuniti per presentare gli indirizzi più recenti nella ricerca biologica della malattia (destinati ad offrire prospettive terapeutiche future) e le sperimentazioni più avanzate nel trattamento clinico. Tra i principali presidi terapeutici in sperimentazione sono stati ricordati:

  1. il dehidro-epiandrosterone (DHEA), un debole steroide androgenico carente nei pazienti affetti da LES e valido nel trattamento delle forme di malattia scarsamente aggressive (risparmiatore di steroide nella malattia stabile);
  2. la bromocriptina, inibitore della prolattina, con effetti terapeutici nelle forme cutanee e nelle sierositi;
  3. farmaci capaci di modulare gli effetti dei mediatori infiammatori: acidi grassi del gruppo omega-3 (acido eicosapentenoico e docosaexenoico contenuti nell’olio di pesce e da noi utilizzati da oltre 10 anni, particolarmente per la prevenzione degli aborti ricorrenti conseguenti alla presenza di lupus anticoagulanti e anticorpi antifosfolipidi), inibitori della sintesi del tromboxano A2 (DP-1904), inibitori della 5-lipoossigenasi (Zileuton), inibitori della sintesi dell’Ossido di Azoto (per gli effetti anti-aterogenetici) ed un recente studio clinico muticentrico con un inibitore dell’elastasi neutrofila umana (DMP 777-006);
  4. la Ciclosporina A nella nefropatia lupica;
  5. il Micofenolato Mofetile, tale farmaco è da noi utilizzato in sperimentazione da oltre due anni con buoni risultati clinici (risposta clinica in 15 su 15 pazienti sottoposte al trattamento) e con scarsi effetti collaterali. Una recente pubblicazione di un gruppo tedesco riporta analoghi risultati su 10 pazienti;
  6. il farmaco LJP 394, capace di indurre tolleranza sui B linfociti;
  7. l’anti-CD40-ligand, capace di bloccare le interazioni tra B e T linfociti e l’attivazione dei T linfociti;
  8. anticorpi contro marcatori specifici T linfocitari come il CD4 e il CD5;
  9. anticorpi contro la frazione C5 del complemento, capaci di bloccare l’attacco in membrana degli immunocomplessi;
  10. anticorpi monoclonali e farmaci (AS101) capaci di bloccare la produzione dell’interleuchina 10;
  11. l’immunoablazione attraverso il trapianto autologo di cellule staminali (di cui il professor Marmont è stato promotore).

Il grande fermento di interessi clinici e biologici sul LES è rivolto alla risoluzione della patologia con i minori effetti collaterali possibili. Nello stesso Congresso M Petri (Baltimora USA) ricorda le problematiche cardiovascolari conseguenti al trattamento prolungato con il corticosteroide ed in particolare i problemi legati all’arteriosclerosi.

Ferma restando l’incontestabile importanza del trattamento convenzionale sull’andamento della malattia, devo ricordare che purtroppo vi sono gli

EFFETTI INDESIDERATI DEI FARMACI

di cui riporto i più significativi correlati ai farmaci attualmente in uso nella mia esperienza clinica:

Sappiamo che per ridurre gli effetti indesiderati dei farmaci sono disponibili

TERAPIE DI SUPPORTO CLASSICHE

di tipo farmacologico di cui faccio alcuni esempi:

Vi sono anche:

TERAPIE DI SUPPORTO IN GRADO DI ESERCITARE UN EFFETTO SISTEMICO

ovvero non mirate al singolo sintomo. Nella mia esperienza clinica ho utilizzato due modalità terapeutiche, allo scopo di ridurre gli effetti tossici dei farmaci convenzionali e/o di potenziarne l’attività per ridurne il dosaggio.

La prima terapia di supporto, di cui ho un’esperienza diretta su pazienti sottoposti a chemioterapia antineoplastica poiché affetti da morbo di Hodgkin, è quella offerta dai presidi della

MEDICINA TRADIZIONALE CINESE (AGOPUNTURA, FITOTERAPIA, QI GONG).

Con la collaborazione di due medici esperti in Medicina Tradizionale Cinese, il dott. Flavio Fenoglio e la dott.ssa Giuseppina Vidili, dell'Istituto Scientifico dei Tumori di Genova, e con la supervisione del prof. Li Xiao Min dell’Università di Pechino, ho seguito cinque pazienti sottoposti ad una pesante chemioterapia, particolarmente tossica sul midollo, che sono stati contemporaneamente sottoposti a terapia di supporto con la Medicina Tradizionale Cinese e ne ho valutato la tossicità midollare nel corso del trattamento, paragonandola a quella osservata in undici pazienti che costituivano il controllo storico. La riduzione della tossicità midollare (parametro scelto per la facile quantificazione dei risultati) è stata impressionante ed i risultati sono graficati in figura.

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Nel grafico di sinistra, nella colonna in verde è indicata la media dei valori di massima riduzione dell’emoglobina nel corso della terapia nei pazienti del gruppo di controllo, nella blu quella dei pazienti sottoposti a terapia di supporto. La differenza osservata tra i due gruppi è di oltre un grammo di emoglobina, valore estremamente importante ai fini della qualità di vita, sopportabilità della chemioterapia e delle condizioni generali dei pazienti. Il grafico di destra quantifica il numero di fiale di fattore di crescita mieloide, ovvero di una citochina capace di stimolare la produzione di globuli bianchi da parte del midollo, somministrata per evitare i rischi di infezione nel corso del trattamento. E’ altamente significativa la differenza del consumo medio di tali fiale nei due gruppi (13 circa contro 3) con un costo medio di circa £3.000.000 nel gruppo di controllo, contro poco più di £ 600.000 nel gruppo trattato con la terapia di supporto.

Una serie di studi biologici ha dimostrato come l’agopuntura sia in grado di indurre la produzione di citochine, ovvero di sostanze prodotte (prevalentemente) dalle cellule del sistema nervoso e dai linfociti ed in grado di consentire una sorta di comunicazione fra queste cellule. Trattasi pertanto di un effetto sistemico in grado di regolare il comportamento di numerose cellule ed in particolare dei linfociti. Questi ultimi sono in grado di produrre una grande varietà di citochine ed esercitare pertanto il loro effetto su numerosi organi ed apparati. Ancor più interessante l’effetto terapeutico del Qi Gong che consiste in una serie di esercizi fisici che mirano al raggiungimento di uno stato di meditazione e di rilassamento. Tale tecnica consente un’acquisizione di energie da parte delle cellule dell’organismo. Lo "stato di Qi Gong" è valutato con il tracciato elettroencefalografico, in quanto subisce modificazioni che sono tipiche di tale stato. E’ anche possibile misurare con rilevatori l’energia elettromagnetica emanata dal soggetto in tale stato, infatti essa raggiunge valori centinaia di volte superiori rispetto allo stato di normalità.

La seconda terapia di supporto, con la quale ho condotto un’esperienza clinica, grazie alla collaborazione della dott.ssa Laura Cuttica, é:

LA PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA (PNL)

La PNL insegna una serie di tecniche per il raggiungimento dell’ATTITUDINE, intendendosi per attitudine, in PNL, una sensazione di forte benessere e positività, la partecipazione alla vita in modo attivo e ottimistico con una curiosità’ verso il nuovo e la volontà di viverlo da protagonista, un’esaltata percezione dei messaggi sensoriali per comprendere meglio noi stessi e gli altri allo scopo di essere più facilmente partecipi e vivere intensamente ogni attimo della nostra vita, che è comunque sempre importante. Uno dei meriti della PNL è la capacità di trasformare i "problemi" in "opportunità", ovvero nell’opportunità di crescita personale, di affrontare nuove esperienze in modo attivo e positivo con la consapevolezza di avviarsi costantemente verso il successo. La PNL insegna a trasformare le Convinzioni limitanti, dotate di un freno ipnotico negativo, in convinzioni positive, vincenti e a scovare in noi le Risorse necessarie per il successo.

Mi chiederete; perché la PNL quale terapia di supporto del LES? Devo a questo punto fare un passo indietro e parlare di una branca della medicina sviluppatasi negli anni settanta:

LA PSICONEUROIMMUNOLOGIA

essa attraverso sperimentazioni sugli animali e sull’uomo e grazie alla rilevazione laboratoristica delle sostanze biochimiche utilizzate nella comunicazione intercellulare, ha dimostrato una stretta correlazione tra sistema nervoso e sistema immunitario. E’ ormai ampiamente convalidata la seguente reazione a cascata:

  1. STIMOLI ESTERNI
  2. RISPOSTA DEL SISTEMA NERVOSO
  3. REAZIONI BIOCHIMICHE (produzione e liberazione di citochine)
  4. RISPOSTA DEL SISTEMA IMMUNIRARIO
  5. CONSEGUENZE SULLO STATO DI SALUTE

In altre parole ogni stimolo esterno stressante e negativo è in grado di indurre una risposta inibitoria sull’attività del sistema immunitario e favorire pertanto la malattia, mentre la PNL, essendo in grado di trasformare la nostra percezione e la nostra risposta agli stimoli esterni è in grado di agire sulla reazione emotiva nei confronti del "primum movens" della cascata, ovvero sull’impatto sul sistema nervoso da parte della stimolazione esterna (che ovviamente è sempre la stessa). Vorrei ricordare un brano di Antony Di Mello in cui è preso in considerazione un agente esterno: la pioggia che cade. "Quando cade sulle rose del mio giardino e io pregusto il colore, il profumo e la bellezza dei fiori che sbocceranno variopinti grazie ad essa io amo quella pioggia, ma quando cade sui rovi nel fosso e so che sarò costretto a lavorar di zappa, strappandomi pantaloni e pelle, per eliminarne i polloni che grazie ad essa emanano i loro tentacoli rigogliosi, allora detesto la pioggia le nuvole il cielo e quant’altro possa essere ad essa connesso; ebbene la pioggia è sempre la stessa è la mia risposta emotiva che varia con i miei pensieri e le mie visioni e attraverso le cellule del mio sistema nervoso innesca una cascata positiva oppure negativa con le conseguenze sul sistema immune e sulla mia salute." Immaginate di poter imparare a costruire un filtro per tutti gli stimoli esterni capace di renderne la risposta emotiva costantemente positiva, utile, piacevole; ebbene questo è ciò che offre la PNL, la capacità di educare gli stimoli esterni quindi le reazioni biochimiche, ovvero la liberazione di citochine da parte del sistema nervoso, sarà costituito da citochine capaci di stimolare il sistema immunitario in modo corretto e mantenere infine un buon stato di salute.

Robert Dilts, uno dei grandi programmatori neurolinguistici americani, riporta una serie di esperienze personali in pazienti affetti da LES. I suoi risultati sono buoni, consentendo di ridurre la sintomatologia e conseguentemente il dosaggio dei farmaci. L’esperienza personale, condotta con la collaborazione della dott.ssa Laura Cuttica, è recente, peraltro i risultati preliminari sono interessanti e stimolano verso un prosieguo ed un potenziamento della sperimentazione.

Vorrei concludere citando due brani, il primo è tratto dal Canto XXVI della Divina Commedia:

"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d'i nostri sensi ch'è del rimanente,
non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".

Ulisse non vuole fermarsi di fronte all’ignoto ed è come lo sperimentatore che vuole conoscere, che desidera battere nuove vie, superare i limiti della conoscenza. E’ lo stimolo di tutti coloro che dedicano la propria attività alla cura dei pazienti e credono nella ricerca scientifica. Peraltro questa impostazione scientifica non vuole e non deve disconoscere ciò che è consolidato dall’esperienza di anni, ovvero nel nostro contesto, la terapia tradizionale per il LES, questo sarebbe insano e criminale. Nel mio sguardo nel passato e nella mia visione nel futuro i risultati che sono stati ottenuti e le prospettive del trattamento futuro, l’esperienza clinica e la conoscenza biologica della malattia maturate in decenni, impongono il proseguimento del trattamento convenzionale facendo tesoro di tali esperienze. La terapia di supporto deve integrare i risultati terapeutici che si ottengono con la terapia convenzionale e deve procedere di pari passo con essa. La terapia di supporto mira al miglioramento della qualità di vita dei pazienti che godono dei successi terapeutici grazie al trattamento tradizionale, sia esso consolidato o sperimentale. La seconda sentenza appartiene a Robert Dilts e non richiede commenti: "Il futuro non è ciò che era solito essere".

 

Dott. Edoardo Rossi, Divisione di Ematologia I, Ospedale S. Martino, Genova