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Giornata Nazionale per la lotta contro il LES
Roma - 23 Maggio 1997

"VIVERE CON IL LUPUS"

 

La sintesi degli interventi e la trascrizione del dibattito sono pubblicate anche su ICARO n. 22 - 23 - 24 e sono state effettuate a cura del Gruppo LES Genova e Liguria. Ci scusiamo con i relatori per eventuali inesattezze, pregandoLi di tener presente che questo lavoro ha comportato parecchie ore di ascolto, riascolto e scrittura ed e' stato fatto al fine di fornire materiale utile per approfondire la conoscenza sul LES e imparare a gestire la malattia nel miglior modo possibile. Per eventuali correzioni e/o precisazioni si prega di contattare Maria Teresa Tuccio

TAVOLA ROTONDA - Prima Parte

"L'assistenza specialistica e le prestazioni erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale": analisi cliniche per la diagnosi e il monitoraggio del LES

Moderatore: prof. FERNANDO AIUTI: Professore Ordinario e Direttore della Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Universita' di Roma "La Sapienza"

Partecipano:
Prof. CESARE MASALA
Professore Associato. Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali -Universita' di Roma "La Sapienza"
Prof. GUIDO VALESINI
Professore Ordinario e Titolare della Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica III - I Clinica Medica - Universita' di Roma "La Sapienza"
Prof. CARLO ZANUSSI Direttore dell'Istituto di Medicina Interna, Malattie Infettive e Immunopatologia - Università degli Studi di Milano


La pillola anticoncezionale puo' scatenare il LES?
Prof. Masala. Gli effetti degli ormoni nel LES sono molto evidenti; infatti c'e un rapporto 9:1 tra donne e uomini con il Lupus. Questo indica che i fattori ormonali probabilmente hanno grande importanza e possiamo dire che gli estrogeni hanno effetti aggravanti sul LES, mentre gli ormoni sessuali maschili hanno effetti protettivi. La pillola anticoncezionale puo' avere un effetto rivelante di una situazione gia' preesistente, quindi non come motivo unico scatenante ma al più aggravante della malattia. Inoltre e' importante tener presente che la pillola ha tanti altri effetti collaterali (malattie arteriose e venose, embolia, epatopatie, ecc) che quindi ne sconsigliano l'uso, pur non essendo responsabile dell'insorgenza del LES.
Prof. Valesini. La pillola non e' la causa del LES, ma su un terreno genetico predisposto, l'assunzione di progestinici accelera, induce la malattia. Nel momento in cui si prevede l'eventualita' della pillola anticoncezionale il ginecologo dovrebbe prescrivere, unitamente alle analisi preliminari di routine, anche le analisi relative agli autoanticorpi.

Ho avuto il Lupus nel 1989, curato con Deltacortene; adesso da tre mesi non faccio nessuna cura, E' un male o un bene?
Prof. Zanussi. Innanzitutto bisogna ricordare che non tutti i pazienti sono uguali, pertanto vanno esaminati caso per caso. La mia esperienza mi dice che mantenere una minima dose (minima dose vuol dire sotto 0.15 mg/kg/die) molto a lungo anche in soggetti che stanno apparentemente bene, sia una buona misura da seguire. Infatti molte volte, o su richiesta dei pazienti o perche' si erano stufati di mantenere la terapia e l'hanno abbandonata, ho visto delle riprese anche non indifferenti. Quindi la piccola dose deve essere mantenuta.

La menopausa puo attenuare il LES?
Prof. Masala. Non c'e' una risposta valida in generale. Come succede in gravidanza, anche con la menopausa, la malattia può migliorare, peggiorare o restare invariata. Quello che è certo, in linea di massima, e' che con il passare degli anni, si raggiunge il nuovo assetto per cui la malattia in genere si attenua. Comunque se un soggetto affetto da LES dall'età giovanile arriva in età di menopausa senza compromissioni d'organo, a quel punto diventa estremamente improbabile che si verifichi una compromissione d'organo.

Una donna con il Lupus può avere bambini e quando?
Prof. Masala. Deve essere tutto programmato sulla base di ben precise indagini cliniche e di laboratorio. Quindi non può decidere da sola, deve essere il medico curante a dare l'O.K. Se non ci sono problemi, presumibilmente la gravidanza andrà tutta regolarmente. Se invece, gia' in partenza ci sono dei segnali che possono indicare una situazione a rischio (come per esempio la positivitò per anticorpi antifosfolipidi, anti-DNA a doppia elica, compromissione d'organo, nefropatie, ipertensione, iperglicemia) allora occorre una maggior cautela. Cio' non esclude che si possa anche programmare una gravidanza, però con tutte le dovute precauzioni e in Centri in cui le pazienti vengono assistite praticamente giorno per giorno (e non mese per mese)

L'anoressia può essere causa di Lupus?
Prof. Valesini. Il Lupus riconosce delle cause multiple, quello che si dice una patogenesi multifattoriale. Intervengono fattori genetici, cioè la predisposizione, fattori ormonali (abbiamo parlato degli estrogeni), fattori ambientali di natura microbiologica (si ipotizza che possano esserci virus o comunque microorganismi atti a contribuire allo scatenamento). Ci sono probabilmente fattori dietetici che possono intevenire o fattori di natura psichica e molti altri fattori di cui non sappiamo. Ora , siccome l'anoressia dal punto di vista psichico e' un'esperienza molto provante, sicuramente può rappresentare uno stress importante, che da solo non sarebbe efficace nell'indurre la malattia, ma se sommato ad altri fattori, probabilmente può avere la sua importanza.

Quali sono i farmaci nuovi per la cura del LES?
Prof. Valesini.La grande novità degli ultimi 5-10 anni è la politerapia, cioè l'associazione di più farmaci per curare la malattia. Non utilizzare solo i cortisonici, nè gli immunosoppressori, ma cercare di utilizzare insieme più farmaci, magari a dosi più basse. In anni recenti sono state scoperte e messe a punto varie soluzioni per problemi specifici. Si e' visto, per esempio, che per certe problematiche cutanee, può essere molto utile il "talidomide", farmaco tristemente famoso (tra l'altro non in commercio in Italia) perchè ha dato tanti problemi di embropatie in passato, quindi da usare con grande prudenza e sotto controllo stretto di uno specialista. Oppure per la sindrome antfosfolipidi, associata al LES, può essere utile una terapia anticoagulante.

Vorrei sapere qualcosa sugli anticorpi monoclonali e il vaccino di cui si parla ultimamente. Come lavorano? Possono avere effetti collaterali?
Prof. Valesini. Si deve essere molto prudenti quando si parla di queste innovazioni perchè oggi questa malattia può essere curata molto bene con prognosi favorevole (la sopravvivenza rispetto al passato è strepitosamente migliorata). Quindi noi abbiamo farmaci con cui curare questa malattia con risultati certi, anche se con effetti collaterali importanti. E' indispensabile continuare la ricerca per fare di più, tuttavia bisogna fare molta attenzione a non riportare nella pratica clinica quotidiana i risultati della ricerca a volte molto o troppo d'avanguardia. Quindi direi che per gli anticorpi monoclonali, e anche per il vaccino, siamo ancora in una fase estremamente precoce. Inoltre nel LES, il vaccino e' un problema ulteriormente più complicato dal fatto che non è ancora stato individuato uno o più antigeni responsabili della malattia (come nel diabete).

E' controproducente l'esposizione ai raggi solari?
Prof. Aiuti. L'esposizione ai raggi solari e' assolutamente da evitare.

Una persona affetta da LES può impegnarsi in una attività sportiva a livello agonistico?
Prof. Aiuti.La risposta dipende sempre dalla situazione clinica individuale. A priori non ci sono preclusioni sull'attività sportiva per il malato di LES, anche se è in terapia. Chiaramente deve essere tutto ponderato sulla base della situazione cardiocircolatoria e respiratoria. Il discorso agonistico diventa più impegnativo e più stressante, pertanto sarà il medico curante che dovrà fare le dovute valutazioni.

A quale età si manifesta piu' frequentemente il LES?
Prof. Aiuti. La comparsa del LES e' più frequente nell'adolescenza, con un massimo di incidenza tra i 20 e i 30 anni nella donna, Abbiamo anche il Lupus dei bambini e dell'età prepubere.

Cosa fare quando, anche prendendo immunosoppressori, continuano i dolori agli arti superiori?
Prof. Aiuti. In terapia con immunosoppressori, i dolori articolari sono una spia del fatto che le cose non sono ancora completamente regredite e quindi può essere opportuna l'aggiunta di farmaci antiinfiammatori non steroidei, in particolare idrossiclorochina, che è più indicata nelle forme di tipo artralgico.

Che rapporto c'è tra il LES e il fenomeno di Raynaud?
Prof. Masala. E' quel fenomeno per cui, dopo esposizione al freddo, o dopo stress psichico o altro, le dita diventano improvvisamente bianche, pallide oppure diventano cianotiche. Sappiamo che del fenomeno di Raynaud ne esistono due tipi principali: quello idiopatico, a se' stante che non ha conseguenze, e quello invece che può rappresentare la prima manifestazione di una malattia che potrebbe poi assumere la sua piena fisionomia clinica dopo mesi o anche dopo anni o decenni. Se il fenomeno di Raynaud e' associato a qualche anomalia immunologica, siero-immunologica (ad esempio positività per anticorpi antinucleo) oppure ad una anomalia capillaroscopica (esame per vedere i capillari del letto ungueale)., allora c'e' il forte sospetto che rappresenti la manifestazione primaria di una malattia del connettivo che si svilupperà in seguito. In genere precede l'insorgenza della sclerodermia, ma può anche precedere la comparsa di un LES.

A che punto e' la ricerca su LES e trapianto di midollo?
Prof. Masala. E' in una fase estremamente iniziale con risultati contrastanti.

Si può parlare di ereditarietà nel Lupus o soltanto di predisposizione genetica? E a quale età fare indagini?
Prof. Valesini. E' una predisposizione genetica. Le cause del Lupus sono molteplici e la predisposizione genetica è una di queste. Direi che non esiste un'età per fare indagini, ma esistono delle particolari circostanze che possono giustificare il fare ricerche degli autoanticorpi. Per esempio, se in una famiglia in cui c'è un caso di Lupus, una ragazza deve assumere dei farmaci estroprogestinici, è opportuno che faccia la ricerca degli anticorpi antifosfolipidi e forse anche degli antinucleari. Lo stesso vale anche per altre terapie.
Oppure se compaiono dei sintomi particolari o se sono in programma delle vaccinazioni. Tutte queste cose possono scatenare una manifestazione clinica in un soggetto con predisposizione genetica.

Se la malattia è in fase di remissione, si possono avere dei valori degli anticorpi antifosfolipidi elevati? E in questo caso cosa fare?
Prof. Valesini. Si può benissimo avere il caso di una persona con valori altissimi di anticorpi antifosfolipidi che non ha mai avuto nessun sintomo clinico. Viceversa si può verificare il caso di pazienti con manifestazioni cliniche devastanti e bassissimi valori di anticorpi antifosfolipidi. Le manifestazioni cliniche normalmente correlate agli antifosfolipidi sono trombosi venose o arteriose, aborti ricorrenti o morte fetale, trombocitopenia (cioè la diminuzione del numero delle piastrine). Purtroppo queste correlazioni non sono ancora chiare: non basta avere gli anticorpi per avere delle manifestazioni cliniche e viceversa non è detto che le manifestazioni cliniche si associno necessariamente agli anticorpi. In linea di massima queste due cose sono statisticamente correlate con un'alta significatività.
Allora, che cosa fare se una persona ha gli anticorpi positivi e non ha le manifestazioni cliniche? Se non ha mai avuto nessun precedente dal punto di vista clinico si può non fare niente, salvo ricontrollare periodicamente questo valore. Se invece nella storia precedente ci sono segni clinici correlabili, allora è opportuno fare una terapia antiaggragante, per esempio con l'aspirina. Se i precedenti sono stati importanti, allora è necessaria una terapia anticoagulante, che è molto più impegnativa perchè comporta controlli periodici continui.

Una persona mi ha detto di essere stata curata per il suo Lupus, in una clinica tedesca, con un estratto della ghiandola del timo. Questa signora dice che adesso sta benissimo e non prende più nè cortisone nè immunosoppressori. Vorrei saperne qualcosa di più.
Prof. Aiuti. In passato, anche in Italia sono state fatte delle sperimentazioni modeste sull'impiego di estratti timici e anche altre sostanze nel LES. Gli estratti di questo tipo possono peggiorare la situazione, come tutte le sostanze che non siano specifiche per sopprimere la risposta immunitaria, ma addirittura abbiano l'effetto collaterale di potenziarla (come per esempio l'interferone, in alcuni casi)

Vorrei sapere se una diagnosi di LES fatta sulla base di un esame istologico, è da considerare valida. Inoltre c'è attinenza con la crioglobulina, l'epatite C e l'osteoporosi?
Prof. Aiuti. La diagnosi che si può fare sulla base di una biopsia, è una diagnosi di lesione cutanea compatibile con il LES, e quindi deve essere associata a dati clinici ed esami di laboratorio per poter fare una dignosi assoluta di LES.
L'osteoporosi non è collegata al LES ne' all'epatite C: sicuramente è un effetto legato all'età, ai dati ormonali e all'eventuale terapia steroidea.
Per quanto riguarda le crioglobuline, sicuramente esse sono correlate al virus dell'epatite C e non al LES senza epatite C. Quindi possono esistere delle sindromi autoimmuni in corso di epatite C con crioglobulinemia.

La mononucleosi e la toxoplasmosi possono dare una falsa diagnosi di LES?
Prof. Aiuti. Tutte le malattie infettive e in particolare la mononucleosi infettiva, possono dare una positività degli anticorpi antinucleo. Questa positività però è transitoria e va a scomparire seguendo la persona nel tempo.

Una Lue congenita è stata curata perfettamente con bismuto e penicillina nella genitrice di una malata di Lupus. Mi è stato detto che forse, a suo tempo, poteva trattarsi di un LES, allora perchè non usare quei farmaci anche per il Lupus?
Prof. Aiuti. Se è stata curata con bismuto e penicillina ed è guarita e non ci sono segni di attività, probabilmente era esatta la diagnosi di Lue, perchè è difficile che una malattia autoimmune come il Lupus vada a regredire spontaneamente, da sola, senza terapia immunosoppressiva.
La malattia può avere delle impennate malgrado le cure, se le cure sono insufficienti, inadeguate; a volte anche con cure massive, con politerapie, ci sono dei Lupus particolarmenti aggressivi o maligni (a livello iniziale o durante il decorso), difficilmente controllabili. Dalle statistiche internazionali risulta che esiste un 10% di persone non hanno una risposta terapeutica adeguata. Quindi non è tutto legato solo esclusivamente alla terapia anche se fatta bene, e cioè tempestiva, continuata, senza interruzioni, senza i fine settimana, senza vacanze e ascoltando il medico curante. A questo proposito, sappiamo che il 40% dei pazienti, in ogni patologia così come nel LES, si fanno gli sconti di terapia e si fanno le vacanze di farmaci, o l'autoriduzione, senza l'autorizzazione del medico, oppure fanno pressioni sui medici per la riduzione della terapia che è stata loro consigliata.

Effetti collaterali del cortisone. Le smagliature possono essere causate dagli steroidi?
Prof. Aiuti. Dipende dal tipo di steroide, dalla dose e dalla durata. Il cortisone può indurre delle ulcere gastriche, se non è adeguatamente protettivo. Si possono consigliare terapie alternative per via intramuscolare o endovenasa. Il cortisone può dare ipertensione, può dare fenomeni di alterazione della ghiandola surrenale, di ritenzione idrosalina, può dare alterazioni neuropsichiche e tanti altri fenomeni collaterali, tra cui l'osteoporosi, soprattutto importante nelle donne in menopausa, per cui questo problema è già grave di per sè. Il medico deve valutare insieme al paziente, il rapporto rischio-beneficio, decidendo caso per caso.

In un paziente con Lupus regolare, sotto contrallo, ogni quanto è opportuno eseguire i controlli clinici?
Prof. Masala. La frequenza del monitoraggio dipende dalla situazione del paziente. Il Lupus può variare da forme miti che, come tali insorgono e tali rimangono per tutto il decorso della malattia, a forme, invece iperacute, le così dette crisi lupiche. Quindi è chiaro che di fronte a un paziente che si trova in una fase attiva della malattia, con una crisi lupica ecc., il monitoraggio deve essere minuto per minuto, mentre nelle forme in fase di completa remissione, in cui da tempo si vede che questa remissione persiste, le analisi di monitoraggio possono essere fatte 3-4 volte all'anno.

Mia figlia, che è affetta da LES, ha avuto come prima manifestazione il fenomeno di Raynaud. Questo fenomeno, che continua a persitere, nonostante che mia figlia sia in terapia con cortisone e immunosoppressori, potrebbe trasformarsi in sclerodermia?
Prof. Masala. Non deve preoccuparsi del fatto che il fenomeno di Raynaud non risponde al trattamento cortisonico; questo è quasi nella norma, perchè difficilmente il fenomeno di R. risponde al cortisone, se non è espressione di un forte fatto vasculitico. Nè deve preoccuparsi del fatto che in un paziente con il Lupus possa insorgere una sclerodermia. L'unico problema potrebbe essere a monte, e cioè escludere che sua figlia abbia, non tanto un Lupus, quanto una malattia che si chiama connettivite mista, che, più frequentemente del Lupus puro, può dar luogo alla comparsa del fenomeno di Raynaud. Il rischio che possa diventare una sclerodermia è praticamente inesistente.

Una paziente con anticorpi antifosfolipidi può fare una terapia ormonale sostitutiva in menopausa?
Prof. Valesini. La terapia in questo tipo di malattia è fatta su misura e varia caso per caso. Se una donna ha anticorpi antifosfolipidi e non ha nella sua storia eventi clinici correlati, tipo trombosi, tromboflebiti, trombocitopenia, allora si può senz'altro fare una terapia sostitutiva. Se invece ci sono manifestazioni cliniche recenti del tipo detto, allora è opportuno essere prudenti, perchè il rischio ipotetico dell'osteoporosi in menopausa è molto più astratto rispetto al rischio sicuro della somministrazione di estrogeni associata ad una attività della malattia legata agli anticorpi antifosfolipidi.


 

TAVOLA ROTONDA - Seconda Parte

"L'assistenza clinica e psicologica nel LES:
il rapporto medico-paziente e il ruolo dell'assistenza in rapporto al progetto di vita

Moderatore: Prof. CARLO ZANUSSI Direttore dell'Istituto di Medicina Interna, Malattie Infettive e Immunopatologia - Università degli Studi di Milano

Partecipano:
Prof. FERNANDO AIUTI
Professore Ordinario e Direttore della Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Universita' di Roma "La Sapienza"
Dott. GIUSEPPE LUZI
Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Dipartimento di Medicina - Universita' di Roma "La Sapienza"
Dott. ROBERTO MUCELLI Psicologo, specialista in Psicologia Clinica - Socio del Gruppo Italiano per la lotta contro il LES - Roma


Le implicazioni psicologiche del paziente con il LES ed il neuroles.
Prof. Aiuti - Si tratta di un problema che è misto. E' psicologico ed è medico. Qui è evidente che è molto importante un'accuratezza della diagnosi..

La stanchezza nel LES è un fattore neurologico od organico?
Prof. Aiuti - In qualche modo è evidente che soltanto delle discriminanze, delle valutazioni neurologiche, possono aiutarci nella diagnosi. Esistono però dei lavori, consultati anche di recente proprio per portare un contributo aggiornato, dove si tende nettamente a discriminare tra la componente diciamo della lesione organica, il lupus che riguarda le strutture nervose cioè il neurolupus, ed un comportamento possiamo definire reattivo legato ad una mnalattia cronica. Quindi è importante distinguere.

Che utilità hanno i test psicologici in casi di pazienti affetti da neuroles.
Prof. Aiuti - Rientriamo nel discorso della discriminante diagnostica.

Vorrei sapere se è possibile una remissione completa della malattia.
Prof. Aiuti - Io direi che la risposta è si. Esistono delle situazioni che si mantengono. Esistono delle situazioni che partono male ma che si risolvono bene e che si controllano bene nel tempo. Quindi non vorrei che partisse, data la complessità della gestione di questa malattia, un'immagine negativa di tipo pessimistico perchè non deve essere così.

Prof. Zanussi - Dovete fare una netta distinzione tra guarigione e remissione altrimenti ci confondiamo le idee. La remissione vuol dire che uno può vivere tranquillamente, svolgere tutte le sue funzioni, avere una serie di rapporti che sono del tutto normali pur avendo le basi della malattia che si mantengono. E' come un diabete perfettamente controllato, chi ce l'ha fa tutto e sta bene. Fino ad un certo punto però perchè se toglie la terapia non sta più bene. Voi mi direte: ci sono dei casi che pur togliendo la terapia si mantengono bene. In questi casi dopo alcuni anni si può parlare di guarigione. Però la stigmate, quello che ha provocato il quid genetico che è alla base della malattia, quello resta.

Qualche notizia sulla possibilità di trasmissione ereditaria.
Prof. Aiuti - Noi ci troviamo difronte ad un terreno che è favorevole ad un certo modo di trattare le sostanze estranee con le quali viene a contatto. Noi non conosciamo qualè il primo momento di partenza di una malattia autoimmune. Questo vale per il LES ma vale anche per altre malattie autoimmuni. Questa disregolazione immunitaria è alla base dell'innesco dei fenomeni patologici.

Vorrei una risposta per il controllo terapeutico di una vasculite.
Prof. Aiuti - Nel lupus e in molte malattie autoimmuni c'è la vasculite. La vasculite è a vari livelli, sono interessati i vasi di diametro più grande, più piccolo, ecc. Quindi noi ci troviamo di fronte ad un mixer di situazioni nelle quali talvolta ci sono anche delle difficoltà di approccio iniziale, cioè esistono spesso delle situazioni alle quali non si può dare un codice definito e questo l'esperienza clinica ce lo insegna. Noi per necessità pratica nella descrizione dei fenomeni, nella loro interpretazione diamo una etichetta e cerchiamo di far entrare le altre osservazioni in questa etichetta . Molti quadri sfumati, clinicamente non rilevanti, con sintomi particolari dove però esistono per esempio dei procesi patologici diciamo latenti tipo iciberg, qualche volta non riusciamo a dare un'etichetta e questo è importante perchè così nel dialogo con il medico, in genere con l'ausilio dello specialista, si può aiutare il paziente.

Prof. Zanussi - Vasculite significa soltanto infiannazione del vaso. Quindi è un termine di una tale genericità che non può essere consideraro. Nel lupus eritematoso sistemico ci sono delle manifestazioni vasculitiche, nella malattia coronarica ci sono delle manifestazioni vasculitiche, nel diabete ci sono delle manifestazioni vasculitiche. Quindi cerchiamo di non confondere le idee. Allora parliamo della vasculite che è presente nel lupus. Una vasculite che è presente nel lupus è una vasculite diversa per prognosi, manifestazioni cliniche, gravità in rapporto al territorio in cui sorge. Certamente ci sono delle vasculiti cutanee; lo stesso eritema a farfalla è una vasculite. Certamente ci sono delle vasculiti renali che sono alla base di tutta la patologia renale. Quindi io direi non usiamo il termine vasculite, usiamo i termini precisi: malattia di Wagner, panarterite nodoso, microvasculite, allora si, allora possiamo definire bene le cose. Lo scopo di una diagnosi precisa deve essere in rapporto al paziente per dargli una terapia e per la scelta di una terapia. La terapia delle vasculiti maggiori non è diversa da quella del lupus.

Ho una gromerulonefrite proliferativa e vorrei sapere se devo essere seguita da un immunologo o da un nefrologo.
Prof. Aiuti - La risposta è da tutti e due limitatamente e contemporaneamente alle circostanze. La risposta è facile diventa però meno facile il discorso della regia della malattia. Questo è accaduto in qualche modo anche con l'AIDS, cioè chi gestisce l'AIDS? E' l'infettivologo, o l'immunologo? Noi sappiamo che intorno a determinate patologie c'è una tale integrazione di più discipline che non se ne può fare a meno. L'importante è che esista un regista.. Io dico meglio un centro di riferimento per la regia, non un medico ma un gruppo di medici che siano alternativi e che in qualche modo diano riferimento a quel gruppo di persone che necessita questo tipo di controllo. Mi riferisco a problemi concreti cioè alla possibilità di una gestione cardiologica, ecografica, l'analisi delle immagini, la valutazione ecografica, quindi non si può porre la domanda. La domanda è complicastissima ma a mio parere abbastanza semplice. Distinguere tra la regia di una malattia sistemica, quindi un centro che sia in grado tecnicamente sotto il profilo clinico e di laboratorio di dare una risposta in tempo reale alla patologia, e una serie di centri altrettanto validi. Ovviamente non è l'immunologo che fa la biopsia e che legge la biopsia del rene ma c'è il nefrologo, c'è l'anatomopatologo così come le complicanze da cortisone, per esempio l'ulcera duodenale, sono lette oggi con una banale gastroscopia. Vorrei evidenziare l'importanza di accettare certi protocolli, certi schemi, accettati quasi sempre male dai pazienti, come per esempio il ricorso alla gastriscopia necessaria per la valutazione della mucosa che ci consente di gestire meglio quei supporti farmacologici che possono essere gastrolesivi .

Prof. Zanussi - Il problema consiste nel riuscire a capire dove comincia la specialità e dove finisce la medicina interna. Secondo me la specialità non è altro che un particolare approfondimento nell'ambito di una qualsiasi patologia della medicina interna. Giunti a questo punto io credo che il medico internista, e in particolare l'immunologo che è un internista, abbia la prelazione quando ci sono dei problemi particolari o di tipo strumentale, vedi endoscopia o di tipo particolare di gestione del malato, vedi dialisi, ecc.., si rivolgerà allo specialista adatto. Ovviamente un solo regista e non cento specialisti che non ricompongono l'unità di uomo.

Il problema che mi è stato posto dal mio medico curante, perchè l'ha sentito in un congresso, era quello di considerare il les in quanto tale non in seguito all'assunzione di farmaci proprio come causa di cromosomatopia.
Prof. Zanussi - Non ne so niente. Si potrebbe discutere per un ora perchè il fatto stesso che noi diciamo che il lupus è con tutta probabilità una patologia su una base genetica con l'intervento di fattori scatenanti, vedi virus e altro, ma se visto in questa ottica dovrei rispondere che è teoricamente accettabile però non è dimostrato.

Si parla sempre dei problemi in gravidanza nella donna con LES, ma l'uomo affetto da LES ha conseguenze negative sulla riproduzione e la fertilità?
Prof. Zanussi - No. Naturalmente se un paziente è seriamente ammalato è ovvio che vi sia una minor potenza e anche penso un minor desiderio. L'unica cosa che potrebbe essere per l'uomo è che il sapere di avere una malattia gli può determinare una certa maggiore attenzione e quindi quella maggiore attenzione si riflette il più delle volte in uno stato transitorio di impotenza.
Dott. Mucelli - E' chiaro che una malattia come il LES colpisce in maniera significativa l'immagine di sè e anche il corpo.

Vorrei sapere se posso affrontare una gravidanza in amenorrea primaria a 32 anni.
Prof. Zanussi - Non le posso rispondere. Direi di no. Ma io andrei da un buon ginecologo, da un buon endocrinologo e farei tutta una serie di indagini per vedere qual è l'assetto ormonale in questo momento. Quindi evidentemente è una amenorrea secondaria ma la domanda è: a cosa? Allora potremmo anche rispondere.

Le vaccinazioni auspicabili e quelle da evitare.
Prof. Aiuti - Il dibattito che va avanti da anni nel senso che non c'è ancora una unitarietà di tendenza se per esempio un soggetto debba essere sottoposto a vaccinazione antinfluenzale, che non è una vaccinazione obbligatoria, per evitare una riacutizzazione della malattia perchè sappiamo quanto le infezioni virali possano indurre una riacitizzazione o se invece sia meglio sottoporre al rischio di una stimolazione da vaccino che per quanto sia una stimolazione diciamo così controllata può però sempre dare una riattivazione della malattia. Ne abbiamo parlato altre volte anche con il Prof. Valesini , io non ho un'idea precisa. In genere non faccio fare la vaccinazione antinfluenzale ai malati di LES, però probabilmente sbaglio, non lo so. Ci sono dei dati sperimentali in cui le stimolazioni antigeniche in particolare sicuramente sono da evitare, le stimolazioni che danno un'attivazione policlonale, sicuramente la vaccinazione antitetanica, la vaccinazione antidifterica a quelle rispondo subito che sono ovviamente contrario ma non solo nel LES anche all'esasperazione delle vaccinazioni che viene fatta nelle persone che vanno nei pronto soccorsi dove anche se la persona dice "io sono stato vaccinato 4 anni fa" e c'è scritto che la protezione dura 8 anni, quelli continuano a fare la sierovaccinoprofilassi perchè ormai è diventata una pratica anche se oggi ci vuole il consenso informato per le gammaglobuline. Quindi questa è una raccomandazione per tutti: evitare quelle vaccinazioni se sono state fatte e si è assicurata una protezione come è previsto per esempio per il tetano di 8 anni. Sicuramente evitarla nei casi di LES per questi antigeni immunogenici rispetto ad altri.

Prof. Valesini - Per quanto riguarda le vaccinazioni antinfluenzali la penso allo stesso modo però con un po' più forza di convinzione nel senso che sono assolutamente dell'idea di evitare qualunque vaccinazione in un paziente con il lupus e questo per due ordini di motivi: 1° perchè la maggior parte dei vaccini funzionano da attivatori policlonali e quindi possono riattivare la malattia; 2° perchè se la malattia è in una fase di decorso di acuzie o subacuto per lo più è accompagnato da un trattamento, trattamento immunosoppressivo che renderebbe in larga misura vana la vaccinazione quindi è un rischio da non correre.

Dott. Luzi - Volevo aggiungere solo che leggevo in un recentissimo lavoro addirittura alcuni gruppi sconsigliano in caso di bambini, figli di genitori con LES o malattie autoimmuni, se vaccinati con virus attenuati viventi di avere contatti frequenti in casa per almeno un paio di settimane.

Prof. Zanussi - Neanche io consiglio assolutamente i vaccini.

Una persona con LES e in emodialisi può fare il vaccino antiepatite.
Prof. Zanussi - Sono due rischi e si farà la scelta del rischio minore. Questo purtroppo in medicina è un obbligo che molte volte ci tocca fare.


TAVOLA ROTONDA - Terza Parte

"Diagnostica di supporto e nuove strategie terapeutiche"

Moderatori: Prof. Massimo Fiorilli e Prof. Luigi Fontana

Partecipano:
Prof. FERNANDO AIUTI
Professore Ordinario e Direttore della Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Universita' di Roma "La Sapienza"
Dott. GIUSEPPE LUZI
Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica - Dipartimento di Medicina - Universita' di Roma "La Sapienza"
Prof. CESARE MASALA Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali -Universita' di Roma "La Sapienza"
Dott. ROBERTO MUCELLI Psicologo, specialista in Psicologia Clinica - Socio del Gruppo Italiano per la lotta contro il LES - Roma
Prof. GUIDO VALESINI Professore Ordinario e Titolare della Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica III - I Clinica Medica - Universita' di Roma "La Sapienza"


Se una paziente affetta da LES contrae la varicella o un'altra malattia infettiva cosa si deve fare.
Prof. Aiuti - Deve essere trattato precocemente con farmaci antivirali e dipenderà da caso a caso se diminuire o sospendere la terapia steroidea. Se la terapia steroidea o immunosoppressiva è massiccia e la varicella è abbastanza disseminata, sarebbe prudente sospendere o perlomeno ridurre la terapia immumosoppressiva in attesa di una guarigione della varicella. Così vale per altre infezioni virali.

Vorrei sapere se gli esami relativi all'individuazione di miopatia o problemi neurologici devono essere ripetuti da un paziente affetto da LES anche se in prima battuta non c'è stata evidenza di nulla.
Prof. Fontana - Nel momento in cui ci troviamo in presenza di un paziente che presenti manifestazioni cliniche in ordine neurologico, oltre ad un esatto studio clinico del paziente, è fondamentale un esame di risonanza magnetica per vedere il tipo di lesione e il danno, consultare un neurologo e insieme con lui instaurare una terapia. Il controllo dell'esame della risonanza va eseguito in funzione della risposta clinica del paziente e di altri parametri, ciò però non significa che, nel momento in cui si trova un danno cerebrale in corso di LES, bisogna fare una risonanza una volta al mese per vedere l'evoluzione, bensì è utile un controllo a distanza di mesi per vedere l'eventuale espansione o regressione del processo.

Mia figlia è affetta da neurolupus. Sottoposta a batterie di test è stato riscontrato un danno organico alle funzioni cognitive (concentrazione, umore, ecc.) In questi tre anni di cura ha avuto quello che gli psichiatri definiscono restituzione " in integrum", completa, con sbalorditivi risultati scolastici. Successivamente ha avuto però una ricaduta, per una cura non fatta bene relativa alla malattia di base (così dicono gli psichiatri). Vorrei sapere se è possibile riscontrare un danno organico alle funzioni cognitive attraverso dei test psicologici. Visto che ci troviamo in presenza di una diagnosi così forte, che oltre tutto coinvolge emotivamente il paziente, perché non vengono eseguiti quegli esami strumentali che sicuramente danno delle risposte più certe.
Prof. Zanussi - La diagnosi di cerebrite lupica non ha molti mezzi di certezza. Il principale, il più importante è la risonanza magnetica, la quale mostra oltre il 70% delle lesioni, piccole lesioni parcellari. L'esame di sicurezza è viceversa un'angiografia cerebrale, che però non farei, se non ve ne fossero dei motivi molto chiari. Non lo farei certo per curiosità diagnostica anche se un'angiografia selettiva non è oggi quella gran cosa che era fino a pochi anni fa. Poi vi sono tutti i test che uno può utilizzare per esplorare determinate funzioni, per esempio i potenziali evocati i quali danno soprattutto l'idea delle varie aree cerebrali come si armonizzano, come si accordino e poi tutti i vari test che sono i test della depressione, che sono i test di Cannoschi del benessere e così via. Cioè non c'è un dato. C'è una risonanza magnetica che è innocua, un'angiografia che è innocua però desta alcune preoccupazioni in chi la fa e i vari test suppletivi, non fondamentali, che però in determinati casi sono utili. Tenuto conto che nel malato di lupus di media-alta attività, perché una cerebrite è sempre una media e per lo più una alta attività, ha motivi psicologici e farmacologici per avere degli atteggiamenti differenti da quelli che aveva prima. Quindi è tutto un mescolarsi per cui non c'è la possibilità di dare risposte definitive.

Dott. Mucelli - Se un paziente ha dei disturbi psicologici, magari anche dovuti ad una condizione di neuroles, dove è assolutamente difficile poi discriminare, il problema principale per me è capire come posso fare per aiutarlo. Il test psicologico mi aiuta ad individuare dei modi, le potenzialità di una persona. Se in quella fase della vita la persona presenta un'interferenza ascrivibile ad una organicità, che per esempio interviene nelle funzioni cognitive ( cioè nella capacità di attenzione, di concentrazione, di ideazione), queste ultime in quel momento saranno compromesse. La loro compromissione è dovuta ad una organicità e non ad una affettività di fondo, che stravolge il pensiero in maniera nevrotica. Ecco, noi questo con i test lo possiamo tranquillamente vedere e dall'una ipotesi o dall'altra ipotesi cambia il modo di poter aiutare un paziente. Per esempio, un paziente con un coinvolgimento di tipo organico non può essere aiutato con le tradizionali metodiche di psicoterapia psicoanalitica a lungo termine perché non è proprio in grado di trarne frutto.

E' vero che le tinture dei capelli e il prezzemolo possono essere particolarmente nocive per le persone affette da LES.
Prof. Mi limito a riportare dati pubblicati su riviste di interesse scientifico e valutati secondo i criteri della scienza. E' stato pubblicato che tra le donne con lupus la percentuale delle donne che usavano tinture per capelli era più alta. Questo è stato osservato nel Minnesota. Un altro aspetto relativo agli alimenti, studiato sempre su una popolazione di un altro stato dell'America e l'unico che io conosco, riguarda l'uso a scopo alimentare di un'erba, che noi però non usiamo, la quale sembrava facilitare l'insorgenza della malattia nelle persone che ne facevano più uso.

Nell'ipotesi che la terapia cortisonica e immunosoppressiva combinate insieme non funzionino in un soggetto, come vi comportate? In che cosa consiste e quali possono essere gli effetti collaterali?
Prof. Dipende da quali sono le manifestazioni cliniche, il motivo per cui la terapia è fallita. Si possono cercare ancora, al di fuori di queste o quasi sempre in aggiunta a queste, strade alternative. Mettiamo un soggetto che ha una grave citopenia, può essere una grave lesione delle piastrine, una grave lesione dei globuli bianchi, e in quel caso, se la terapia corticosteroidea associata eventualmente ad immunosoppressori non funziona, ecco che allora possiamo subentrare con nuovi tipi di approcci terapeutici, ad esempio con l'infusione di immunoglobuline endovena ad alti dosaggi. In genere queste sono infusioni che vengono fatte per 5 giorni consecutivi a dosaggi predeterminati, che comunque sono molto alti, e servono a sbloccare ad esempio una situazione che potrebbe essere drammatica di trombocitopenia e della riduzione delle piastrine che provoca gravi sanguinamenti. Ci possono essere anche situazioni contingenti di manifestazioni vasculitiche che, pure là dove fallisce il trattamento abbinato corticosteroideo-immunosoppressori, potrebbero rispondere ad un trattamento immunoglobulinico. Oppure bisogna arrivare al punto stabilendo qual è la situazione, qual è l'organo bersaglio interessato, ecc., arrivare alle plasmaferesi, cioè al cambio del plasma, pulizia del plasma, in modo da portar via tutti quanti quegli anticorpi patogeni, crioglobuline, se ci sono anticorpi antieritrociti, rimettere il plasma pulito e poi far seguire questo da un trattamento con immunoglobulinico oppure da un trattamento con immunosoppressori, in modo da evitare fenomeni di rimbalzo. Quindi una soluzione si cerca sempre di trovarla. Capita talvolta che purtroppo tutte le strade falliscono, ma per fortuna molto raramente

Vorrei sapere se una dieta vegetariana è appropriata per una persona con il LES.
Prof. Qua c'è tutta una serie di studi di Camerum, che credo sia oggi riconosciuto come il più grosso nefrologo al mondo. Con questa serie di studi di fisiopatologia funzionale del rene normale, ha dimostrato ampiamente che il rene normale di un animale di un soggetto, alimentato con una dieta priva di carne, ha una capacità di filtrazione di depurazione che è il doppio rispetto a quella di un rene normale di un soggetto di un animale alimentato con una dieta che ha un normale contenuto proteico di proteine della carne. Questo perché quello che noi conosciamo come azotemia, azoto ureico, in definitiva non sono altro che metaboliti che derivano dal metabolismo della carne, che vengono accumulati, che il rene deve smaltire ecc. e quindi in definitiva una dieta contenente proteine della carne, una dieta che sottopone il rene ad un lavoro maggiore. Allora è ovvio, se questo è valido per un rene normale, di un soggetto che normalmente campa per dire 150 anni, a maggior ragione, è valido per un rene di un soggetto con LES. Quindi io credo, tutto considerato, che una dieta vegetariana a un soggetto con LES non faccia altro che bene anche perché gli anticorpi, in questo caso gli anticorpi patogeni , quelli cattivi, gli anticorpi anti-DNA ecc., sono sempre proteine, derivano da sintesi proteica.

Prof. Uno studio fatto su una certa razza di topi, utilizzata in laboratorio e che sviluppa una malattia molto simile al lupus umano, dimostra che, se questi topi vengono sottoposti ad una dieta alimentare più ricca di proteine animali, rispetto alla dieta standard, questi svilupperanno la malattia molto più precocemente, con un decorso molto più grave e con una percentuale di mortalità più alta. Da qui la conclusione degli autori, che hanno fatto questo lavoro, che forse una dieta ricca di proteine animali non giova ad un paziente con lupus. Un esperimento analogo, condotto da un altro gruppo di ricercatori ma sullo stesso tipo di topi, è stato fatto con una dieta più ricca di calorie, rispetto alla dieta standard. Anche in questo caso, una dieta ipercalorica aggravava la malattia, la faceva esordire più precocemente ed aumentava la mortalità in questo gruppo di topi. Questi sono gli esperimenti sul topo. Da qui la proposta di modificare le diete dei pazienti con malattie autoimmuni. E qualche esperienza è stata fatta nell'artrite reumatoide, in particolare l'artrite reumatoide giovanile. Un'alimentazione ricca in olio di pesce, olio di pesce ricco di acido aicosaipentainoico** , è stata considerata efficace nel prevenire la ricaduta e prolungare la remissione dell'artrite reumatoide giovanile nei soggetti che hanno modificato la loro dieta in questo senso.

Prof. C'è qualcosa anche per quanto riguarda le diete con olio di semi ricche di acido linoleico che, proprio nei pazienti con LES, sembra in grado di ridurre l'entità della nefropatia e di indurre anche un miglioramento. Questi sono tutti tentativi compresi i farmaci antiossidanti, la vitamina E, ecc.

Prof. Aiuti - Io sono parzialmente in disaccordo con i colleghi per la prima parte. Sono d'accordo sulla seconda parte relativa all'aggiunta di sostanze come l'acido linoleico, sostanze che proteggono il rene, però dal punto di vista clinico, noi non possiamo consigliare ai malati di LES di seguire tutti la dieta vegetariana. Se noi vediamo le altre letterature, vi sono dei dati completamente discordanti, perché anche qui ci intrecciamo di fronte al discorso della individualità genetica, al discorso dei cosiddetti cofattori. Io potrei dire, da immunologo esperto di immunodeficienze, che ci sono tantissimi dati sperimentali in letteratura che dimostrano che la dieta vegetariana espone di più a problemi di infezioni per carenza di produzione di anticorpi. Il discorso può essere fatto anche in un'altra maniera e cioè è stato riportato sperimentalmente che alcune sostanze vegetali, come per esempio i funghi, i tartufi, il sedano, i broccoli, alcune rape rosse ecc., hanno un'azione pro malattie autoimmuni, nel senso che aumentano dei cofattori, non in prima linea come le radiazioni ultraviolette, ma riportate in seconda linea, perché favorirebbero la formazione di autoanticorpi.

 


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Ultimo aggiornamento 03-11-2000